lunedì 16 dicembre 2013

Una pietra miliare del 1663 - saggio breve di Francesco Cosco



Oggi un particolare annuncio da parte mia, poco tempo fa mi sono imbattuto in un grande monolite, a tutti sconosciuto, ma che si preannunzia prezioso per la storia della Calabria perché ci aiuta a ricostruire le vicende della Sila demaniale fin dai tempi di Carlo d’Angiò, quindi degli Aragonesi e, per finire, dei Borboni.

Parco Nazionale della Sila, località Musco di Petilia Policastro, a metri 1300 circa di Altitudine un grosso monolite si regge ormai grazie a robusti pini che gli sono nati intorno. Sembrerebbe uno dei tanti massi se non fosse per le iscrizioni che contiene incise nel granito. Un acronimo ripetuto due volte in parti diverse del monolite: RS, il significato è Regia Sila. Una seconda iscrizione, più in alto, reca un data fatidica: 1663. Fu allora che l’ing. Antonio Galluccio da Cosenza, tavolario, cioè compilatore di carte (tavole) geografiche , redige una carta della regia Sila. Il fine è tracciare i confini della Sila demaniale per stabilire una delimitazione accurata contro le progressive usurpazioni. Il mandato gli fu certamente attribuito dagli Aragonesi.

In basso una seconda data: 1755. Questa volta sono i Borboni a muoversi contro le usurpazioni che nel frattempo non hanno smesso di far perdere lotti di terreno al Demanio. Viene investito della verifica il preside Buonastella e per preside s’intende il funzionario borbonico preposto a verificare i confini della Reggia Sila Demaniale, così come segnati circa 100 anni prima dal Galluccio.

Ma non è nel 1663 che per la prima volta è determinata l’estensione del Demanio silano: la prima delimitazione che sembra identica alle due successive, il che è avvalorato dalla linea rossa posta dal Buonastella sulla carta del Galluccio, è della amministrazione angioina già negli anni 1332/33, ne ho citato ogni punto sia in latino che in italiano in un mio testo di prossima pubblicazione. In effetti nel 1332 Roberto D’Angiò contro le usurpazioni diede incarico a Giovanni Barrile e Paolo di Sorrento di stabilire i confini della Sila e stabilirne tutto il territorio come appartenente al Regio Demanio. E’ proprio su quella delimitazione che furono segnate quelle successive del 1663 e del 1755. Già i Normanni in verità avevano delimitato la Sila come terra demaniale e le grandi “donazioni” alle abbazie monastiche erano intese, come Ruggero secondo le intendeva, concessioni e non donazioni, essendo il territorio demaniale inteso come inalienabile. Non si spiega ancora come sia stato possibile nell’ottocento effettuare legittimazioni per le numerose usurpazioni e come mai i Borboni non abbiano dichiarate decadute le vendite a privati effettuate da un esercito invasore, quale quello napoleonico e i lotti non siano stati reintegrati al Demanio. Ne si spiega come sia stato concesso alle grandi abbazie la vendita delle concessioni loro fatte dai regnanti in epoca medievale e comprese nella delimitazione del Demanio.


La Pietra di Musco è oggi l’unica esistente di quelle apposte ed incise nel 1663? Niente affatto, ve ne saranno altre non menzionate ed altre sono menzionate e non scoperte. Secondo la delimitazione citata dalle fonti storiche la pietra di Musco segna un angolo di due rette relative all’antica delimitazione demaniale, una proveniente da est e precisamente dalla località detta Homo Morto, in agro di Cotronei e l’altra che prosegue in direzione Gariglione. A 5 o 6 km di distanza da Musco è citato altro monolite col nome di “Pietra Irta” ed in epoca recente era conosciuta come “Pietra Scritta”. Ma non è più al suo posto. Più sopra vi è la Pietra di Dui o di Lui come è riportata nella carta del Galluccio e sembra sia stata la prima pietra apposta sulla generale delimitazione. Il confine demaniale quindi vira a 90 gradi verso Sud-Est in direzione della località Spinalba, nei pressi di Tirivolo dove ultima pietra conosciuta è quella di Diaco, così come nomata sulla carta del Galluccio del 1663.



P.s. “Il rispetto di ogni antico reperto assicura la memoria storica del nostro popolo”.


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