domenica 25 agosto 2013

Il sito del Monastero di "Sancto Petro de Nimphus” non è più un mistero! - Breve saggio di Francesco Cosco


Molto si è parlato dell'antico Vicus di Sancto Petro de Nimphus primieramente "in Castello di S. Mauro (Marchesato)", anche nelle "Carte di Abbazie Calabresi" del Pratesi se ne fa cenno, ma il sito, salvo prove contrarie, sembrava introvabile. Infine ne ho ricercato l'ubicazione anche in agro di Roccabernarda. 

La scoperta è stata improvvisa, imprevista. Nascoste tra gli ulivi sono comparse strutture murarie in parte ancora in piedi e numerosi altri elementi emergenti dal terreno agricolo e subito, dopo un sommario esame, il tutto ha cominciato ad avere rispondenza all'obiettivo della ricerca: vicus e monastero di "Sancto Petro de Nimphus". E' emerso un vano chiesa, pertinenze annesse, inoltre resti di edifici ormai quasi del tutto spariti, un minuscolo cimitero. E non è tutto: sono presenti tra l'altro essenze vegetali proprie delle particolari coltivazioni dei monaci medioevali. 
Ma prima di addurre cenni sulla storia di un vicus risalente forse al Tardo antico e ad un cenobio che si configura come d'origine alto-medievale, è bene dare uno sguardo d'insieme al contesto in cui era inserito, cioè a quel monachesimo che soprattutto dall’anno mille al 1500 interessò alacremente sia la valle del Neto che quella del Tacina con al centro l’antico Kastron di S. Severina e quindi il vicus di Rocca Tagines. Quattro i grossi centri monastici in zona: il Frigillo, Calabromaria, il Florense, Tre Fanciulli; intorno una miriade di grange, piccoli monasteri cistercensi, basiliani, Florensi, benedettini, Francescani e con la presenza addirittura di laure italo-greche quale l'insediamento rupestre di Timpa dei Santi risalente questa ad alcuni secoli prima dell'anno mille.

LE ABBAZIE e I MONASTERI di quei tempi non erano semplicemente centri di spiritualità cristiana il che era quanto dire, ma spesso motori di cultura, centri nevralgici dell’economia rurale e pastorale intorno a cui ruotava una parte dell’economia dello stato normanno, o svevo o angioino per una sorta di vassallaggio feudale in cui l'abate rendeva conto a papa e principe, e a lui rendeva conto il priore di ogni grangia. E’ da considerare che solo il monastero di S. Pietro di Tacina possedeva tanti cespiti e beni da riempirne coi toponimi mezza pagina dattiloscritta di un foglio A/4. Erano le abbazie così potenti che su di esse neanche la Metropolia aveva giurisdizione. Si pensi alla grande personalità dell’abate cistercense Cosma, amico ed estimatore di Gioacchino da Fiore, che per il suo carisma divenne infine arcivescovo di Cosenza, o del suddetto Gioacchino od all’onnipotenza del Frigillo. E’ da considerare che nel 1218 all’abate del Frigillo, il papa Onorio III affida il compito di indagare sul metropolita severinate in odore di simonia.

In tal contesto operava il Monastero di S. Pietro 
- Il sito su cui sorse era molto ameno, in posizione collinare ma nei pressi di uno dei più fertili fondovalle di tutti il sud, e non solo ... a ridosso di un fiume Tacina in fase navigabile, elemento utilissimo per il commercio dei prodotti agricoli e della pastorizia a poche miglia dal porticciolo di Le Castella. 
- Le origini del monastero? Incerte. Si pensa ad una prima fase Italo-greca nei pressi di un piccolo vicus chiamato Nhinphus, anche per la presenza, provata da un toponimo ("Le grotte di Vitale"), del passaggio di San Vitale. 
- Qualcuno pensa ad un parallelismo già iniziale, in epoca bizantina con San Filippo d’Agira di Sicilia da cui S. Vitale proveniva, il che può esser possibile. 
- Ma è certo che nel 1100, mese di luglio, il duca Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, concede monastero diritti e possessi di S. Pietro ai benedettini dell’Abbazia di Santa Maria della Matina: “et ecclesiam Sancti Petri cum hominibus et pertinentiis suis in Castello Sancti Mauri", lo stesso fa il duca Guglielmo nel maggio del 1114 e possessi e diritti di San Pietro a Santa Maria della Matina conferma il principe normanno d’Antiochia, Boemondo, figlio di Costanza nel gennaio del 1122. Le pergamene consultate dal Pratesi che ci da tali notizie sono tuttora visibili nell’archivio Aldobrandini in Vaticano. Ma la storia ci conduce successivamente ad una unità molto attiva tra S. Petro di Nimphus e San Filippo d’Agira. Infatti dal 1164 S. Petro de Nimphus è grangia del monastero siciliano di San Filippo d’Agira il quale dopo la conquista normanna della Sicilia da basiliano passò a benedettino. 

Chè cosa era avvenuto? 

- Conquistata Gerusalemme (15.7.1099), si volle potenziare il monastero benedettino di Santa Maria dei Latini in Gerusalemme e vi si aggregarono anche le rendite di San Filippo di Agira.
Ed ecco che in un atto dell'otto marzo 1164 il papa Alessandro III confermava all'abate Richardo del monastero di S. Filippo d’Agira i diritti ed i privilegi fra cui la chiesa di "Sancti Petri de Tachina" con possedimenti, decime e diritti. Ciò si rileva dal testo del Pardi “I Registri Angioini e la popolazione calabrese”. (Ho desunto il tutto, insieme ad altri rilievi del presente articolo, da una ricerca fatta da Andrea Pesavento da Crotone).
- E’ chiaro allora che la transazione di S. Pietro tra L’abbazia di S. Maria della Matina, e San Filippo d’Agira avviene in termini e modi che non sappiano, ma tra il 1122 ed il 1164. 
- Vicino alla chiesa e al monastero di San Pietro si sviluppò ancor più il casale di San Pietro di Tacina detto anche di Nymphus dal nome del vecchio abitato che preesisteva e, sembra, si ribadisce, fin dal tardo antico. 

- Una testimonianza riporta che il casale Nimphus cum Sancto Petro, posto sulla riva sinistra del Tacina, all'inizio della dominazione angioina è una delle terre appartenenti al giustizierato di Val di Crati e dal 1275 al 79 Guillelmus, priore, versò per tasse, in più riprese, la considerevole somma di tre once d’oro (verosimilmente oggi corrisponderebbero a circa 4.500 euro), e ciò lo conferma il Russo nei regesta. La popolazione presunta era allora di un centinaio di persone.
Esiste una antica pittura sicuramente cinquecentesca e sicuramente originaria ed originale in cui il piccolo vicus di San Pietro di Tacina è ritratto inserito nell’esatto contesto geografico in cui era ubicato. 

Non è infatti solo l’immagine dello sfondo geografico che testimonia l’autenticità del sito, quanto due elementi del Vicus: 1) In primo luogo una collinetta oggi come ieri circondata dal lentisco. Perché intatta per mezzo millennio e non bonificata dai contadini? La curiosità mi ha indotto a delle verifiche ed allora vi ho visto dappertutto tombe scoperchiate; è apparso che sulla collinetta era ubicato l’antico cimitero di Nimphus. 2) In secondo luogo un casale illustrato nella pittura, ma anche nella realtà, anche se oggi diruto, che si è rivelato essere il monastero con chiesa annessa. E’ certo che tale scoperta, dal sottoscritto operata ormai da 6 0 7 anni e presentata ad un convegno rotariano presso Roccabernarda, è, salvo prova contraria, perfettamente inedita, mentre coloro che davano poco credito alla veridicità delle immagini contenute in quella cartolina postale che ha fotografato certamente un antico dipinto che ritraeva la realtà, è bene che abbiano maggior fede, anche se l'immagine reca molto amplificati alcuni elementi della realtà, quali grandi edifici e numerose torri campanarie. Il sito dell’abitato di Nimphus ruotava intorno al suddetto rudere dove altre antiche vestigia appaiono alla luce del sole.

Il priorato di S. Pietro di Tachina continuò la sua esistenza per tutto il Trecento e la prima metà del Quattrocento. Ma il 28 marzo 1479, presso il priorato di Sancto Petro di Nimphus, il Monachesimo benedettino terminò di operare e successivamente anche il vicus si estinse. 






Nessun commento:

Posta un commento