sabato 12 ottobre 2013

L’ospite inattesa CSA Editrice – Romanzo di Ginetta Rotondo, 1° capitolo



Lisa entrò in casa di corsa. Era trafelata, le buste della spesa pesavano molto.
Chiamò più volte. Lei non rispose. Posò la spesa e andò nella stanza. Lei non c’era.
La cercò dappertutto. Lei non c’era. Neanche in giardino, neanche nella serra.
Non c’era più. Se n’era andata, all’improvviso, com’era venuta.
Sapeva che prima o poi sarebbe accaduto, che un giorno o l’altro, rincasando, non l’avrebbe trovata. Aveva però sperato in un saluto, in un ultimo abbraccio.
Invece niente.
Un mazzo di garofani bianchi era sistemato magnificamente vicino al caminetto. Il computer era aperto su una pagina di giornale e riportava la notizia di un arresto eccellente.
Lei capì.
Si guardò intorno, confusa.
Brividi di freddo e di solitudine le penetrarono l’anima.
Scaldò un po’ di latte, bianco, senza zucchero, mise su un compact di Chopin, si tolse le scarpe e si sedette davanti al caminetto scoppiettante.
L’aveva acceso lei prima di andarsene, per lasciarle un messaggio di calore, una piccola attenzione, com’era nel suo stile.
Aveva sistemato i ciocchi a forma di t sbilenca. 


Le piaceva che le cose parlassero di lei. Diceva che se ciò che ci circonda non lo personalizziamo, non ci appartiene.
Doveva riconoscerlo: quella donna aveva cambiato la sua vita, il suo modo di pensare e di vedere le cose, le sue idee.
Sì, le idee.
- Hai mai pensato alla parola idea? – le aveva chiesto un giorno.
- In che senso?
- Nel senso della parola non intesa solo nel suo significato, ma anche nella sua struttura, come insieme di lettere, insieme di suoni.
- E che c’entrano i suoni?
- C’entrano, c’entrano. Ascolta bene: idèa. I d è a. Senti come la parola inizialmente stringe per poi allargarsi piano piano? Il suo significato è strettamente legato al suono. Semanticamente l’idea cos’è? È il prodotto del pensiero, che all’inizio nasce come un barlume e poi cresce, penetrando in tutti i meandri del nostro cervello. Prende forma, si allarga e si definisce. La stessa cosa accade alla parola nella sua struttura, perché inizia con un suono stretto come la i e finisce per riempirci la bocca di aria con la generosa a. E’ bella questa concomitanza tra semantica e fonetica, non trovi?
Sì, era bella. Tutto ciò che diceva era bello, ma soprattutto come lo diceva.
Era una donna dallo charme eccezionale, al cui timbro sensuale della voce si accompagnavano movenze delicate e sguardi penetranti, capaci di sfrecciare nell’anima lasciandoci il segno.
Era entrata a casa di Lisa una domenica sera, chiedendo aiuto.
Indossava un vestito blu.
Il tessuto di raso, anche se visibilmente stropicciato, aderiva morbidamente al suo corpo, mettendo in risalto le belle curve.
Una collana e due pendenti di perle erano gli unici gioielli che portava. Le scarpe dal tacco alto le slanciavano le gambe e i capelli biondi le scendevano sulle spalle, fermati al lato da un sottile fermaglio, un poco scivolato.
Aveva corso e l’affanno le solleva i seni.
Lisa la guardò smarrita, sorpresa di trovarsela davanti.
Sì, era proprio lei. La stessa donna che non molto tempo fa aveva visto insieme al notaio, presso
cui lavorava come segretaria.
Non sapeva chi fosse, né cosa facesse, sapeva soltanto che quel giorno lo sguardo imperturbabile del capo era acceso da un’insolita luce.
Insieme alle colleghe aveva cercato di saperne di più, ma niente, nessuna indiscrezione. E la bella donna dai lunghi capelli biondi era rimasta un mistero.
Quella sera, però, il mistero era lì, davanti a lei, comparso d’un tratto nella sua casa e la guardava tremante.
- Le dispiace se entro?
- No, si figuri! Si accomodi - e la invitò a sedersi sul divano - Vuole un bicchiere d’acqua?
- No, grazie. Vorrei solo andare in bagno, se non le crea troppo disturbo.
- Nessun disturbo. L’accompagno.
Poco dopo uscì dal bagno con il viso e i capelli bagnati.
Pareva stanca e continuava a guardare verso l’ingresso.
Era preoccupata.
Lisa la guardava interrogativa.
Uscì sulla porta, guardò fuori, ma non vide nessuno.
Rientrò, chiuse a chiave.
- Ecco fatto, così stiamo più tranquille. Ma prego, segga pure.
La donna sorrise e tornò a sedersi sul divano, davanti al fuoco che ardeva a fatica.
Si chinò.
- Questi ciocchi sono messi male. Bisogna allargarli e metterli così, a forma di t sbilenca, altrimenti la fiamma soffoca – e soffiò sul fuoco che prese a ravvivarsi.
Incantata, stette a guardare per un po’ le lunghe fiamme che lambivano l’aria e si agitavano verso l’alto, scomparendo nel buio del camino.
Aveva rilassato i tratti del volto e schiuso le labbra in un sorriso lieve.
Si volse verso Lisa e la fissò intensamente, come se la conoscesse.
Aveva l’impressione di aver già visto quella ragazza, ma non ricordava dove, né quando.
- Posso sapere come si chiama? – esordì Lisa.
- Adriana.
- E che ci fa da questa parti?
Adriana tirò un profondo respiro.
- Mi stanno inseguendo.
Lisa si allarmò.
- E chi la insegue?
- Non so…Forse qualcuno che vuole farmi del male. Le chiedo scusa per l’irruzione. Non è nelle mie abitudini entrare in casa d’altri in questo modo. Ma, date le circostanze, ne ho approfittato, visto che la sua è l’unica illuminata e per giunta col cancello e la porta aperti.
- Ah si, è per il cane che a quest’ora va a fare un giretto – si giustificò Lisa, abbozzando un sorriso. Aveva gli occhi color nocciola incastonati in un viso dalla pelle chiara, fra una cascata di capelli castani.
Una bellezza apparentemente comune, quella di Lisa, vestita di jeans e di un golfino azzurro, impreziosita solo da un orologio metallizzato sul polso destro.
Il suo sguardo si adagiava dolcemente sul profilo di Adriana, acceso dalla curiosità di sapere chi fosse e che cosa ci facesse a quell’ora nei pressi di casa sua, arroccata sul fiume, lontana dal centro abitato. Un posto insolito per le passeggiate, collegato da viottoli argillosi, scomodi per camminare, specialmente con i tacchi alti.
Adriana era un po’ a disagio per quella discreta curiosità.
Ne capiva la ragione e si chiedeva se era il caso di raccontarle tutto o di tacere.
- Se non vuole parlare di ciò che le è successo, non si preoccupi – la tranquillizzò Lisa – ma se posso fare qualcosa, dica pure.
Adriana le sorrise con riconoscenza.
- Grazie, grazie davvero. Hai fatto già tanto per me. Sei molto gentile. Possiamo darci del tu?
- Certo.
- Come ti chiami?
- Elisabetta Tiani. Lisa per gli amici.
Il volto di Adriana si illuminò – Vivi sola?
Lisa annuì, stingendosi nelle spalle e subito aggiunse - Che ne dici se chiamiamo la Polizia?
Adriana impallidì. La Polizia era l’ultima cosa di cui avesse bisogno.
Cercando di contenere l’apprensione rimediò - No, non è il caso di scomodare le forze dell’ordine.
- E perché? Allora che ci stanno a fare? Magari potrebbero acciuffare il tipo che ti insegue, così starai più tranquilla. E lo sarò anch’io.
Adriana la guardò rassegnata.
No, non poteva permettersi un incontro con la polizia, no davvero. Sarebbe stata la fine.
Si alzò.
- Ti ringrazio ancora di tutto, Lisa, sei stata provvidenziale per me. Ora devo andare.
- E dove vai? – chiese Lisa, alzandosi a sua volta.
Adriana scrollò le spalle e diresse verso la porta.
Seguendo un impeto improvviso, Lisa la trattenne, afferrandola per un braccio.
- Non andartene, è già buio. Potrebbe capitarti qualcosa di brutto. Se vuoi, puoi rimanere per stanotte e per tutto il tempo che ti pare. Tanto, io non aspetto nessuno.
Quell’invito lasciò Adriana letteralmente disarmata.
Non se l’ aspettava, ma le inoculava nelle vene una gioia sottile, molto simile alla speranza.
- Io non voglio crearti problemi, Lisa. Hai già fatto tanto per me e accettare il tuo invito…
- Ma è una questione di necessità, no?
Adriana si convinse.
D’altronde non aveva molta scelta e poi, quale occasione migliore?
Accennò un sorriso, abbassò lo sguardo e tornò a sedersi sul divano.
Lisa la seguì.
Guardarono il fuoco per un po’.
- A questo punto credo sia giusto dirti chi sono e cosa ci faccio qui.
Lisa assentì, divorata dalla curiosità di sapere.
Adriana con tono pacato disse – Io sono una prostituta. Di lusso.
- Una che?
- Una prostituta di lusso.
- Una prostituta di lusso?
- Sì, hai capito bene: una prostituta. Sono una donna che vive nel lusso vendendo il suo corpo. Non per strada, ma nella mia casa, dove ricevo clienti ben selezionati. E soprattutto molto ricchi.
Lisa era basita da quella confessione.
Adriana parlava della sua vita con naturalezza, come se quello che faceva fosse del tutto normale, come se essere una prostituta fosse lo stesso di un’impiegata o di una commessa.
- Non avrei mai immaginato che tu potessi essere una …
- Una prostituta? Sì, dillo pure tranquillamente, io non mi offendo. Non sentirti in imbarazzo.
- No. No. È che io non ho mai conosciuto una donna come te, per cui un po’ di imbarazzo…
Adriana sorrise.
Si guardarono in silenzio.
Entrambe si sentivano proiettate in una dimensione irreale, inaspettata, giunta come un temporale d’estate, di cui non si conosce né l’entità, né la durata, ma di cui si subisce il fascino dell’irruenza.
Lisa non riusciva a capire come poteva starsene lì, guardare quella donna e non trovare la forza di mandarla via.
Se ne stava seduta accanto ad un puttana, di lusso sì, ma sempre puttana!
E poi, che differenza c’era? di lusso o meno, nelle ville o per strada, non vendevano tutte la stessa cosa?
Eppure, a vederla, non sembrava proprio.
Era bella, raffinata.
Una gallerista. Questo aveva pensato di lei, quando l’aveva vista insieme al notaio.
L’aveva pensata una donna speciale accanto ad un uomo importante.
Che bell’imbusto il signor notaio! Come aveva potuto esibire pubblicamente una donna del genere?
Era rimasta delusa.
Si sentiva una stupida per aver rincorso illusioni vanesie senza alcun fondamento, senza alcuna certezza, soltanto per il gusto di sognare romantiche storie d’amore dallo scontato lieto fine.
Si irrigidì. Non sorrideva più. La sua aria gentile era svanita e nei suoi occhi ombreggiava la diffidenza.
- Adesso dimmi la verità, chi era il tipo che ti inseguiva, lo conosci?
- Sì.
- Ah, e si può sapere chi è? Vorrei tranquillizzarmi, se non ti dispiace.
- Hai ragione. Ma se non fossi scappata, non oso pensare cosa mi sarebbe accaduto.
- Perché? Vuoi spiegarti?
- Non avevo scelta. Stasera volevano farmi fare delle cose orribili.
- Che cose?
- Cose che non so neanche definire, che sono aliene alla mia natura. Cose che non rientrano assolutamente nel mio concetto di eros.
- Cioè?
Adriana la guardò seria - So bene che tipo di attività è la mia. Però c’è un limite a tutto. Io credo che in tutte le cose esista un modus, una misura, “al di qua o al di là della quale non può esserci il giusto”.
Lisa la guardò sorpresa.
Aveva già sentito da qualche parte quell’ultima frase. Ma dove?
- Che vuoi dire?
- Voglio dire che, anche se sono una prostituta, io non vado con tutti, né assecondo tutte le stravaganze dei miei clienti. Sono io che detto le regole.
Col muso torto, Lisa distolse lo sguardo. Che strano modo di intendere il mestiere. Sembrava quasi che volesse renderlo rispettabile.
E ci riusciva. Accidenti se ci riusciva!
Avrebbe voluto mandarla via, dirgliene quattro e sbatterla fuori. Ma una strana forza la tratteneva e non ne capiva la ragione.
Soltanto curiosità? O era la forza enigmatica ed inebriante che emanava quella donna?
- Quindi, lavori per conto tuo? Non fai parte di quelle organizzazioni malavitose che gestiscono la prostituzione?
- No, niente di tutto questo. Con la malavita non ho niente a che fare. Mi gestisco da sola.
- Cioè?
- I clienti mi contattano e io rispondo. Il mio è un giro molto ristretto e anche molto particolare
- E qual è la differenza? Scusami, ma proprio non capisco – squittì ironicamente Lisa.
- La differenza sta nel fatto che non io non ho protettori o comunque qualcuno che mi sfrutta. Insomma, lavoro in proprio e così posso selezionarmi la clientela.
- Ricchi e potenti?
- Sì, ricchi, potenti e rispettabili. Di solito sono quel genere di persone che a vederle non diresti mai che frequentano le prostitute.
E aveva ragione. Chi avrebbe mai pensato che il notaio frequentasse le prostitute?
Lui che poteva avere tutte le donne che voleva, così aristocratico, serio.
- Vedi Lisa, ci sono persone che non amano o non possono sbandierare la loro doppia vita e per questo si rivolgono a noi. Soddisfano il loro piacere, pagano profumatamente ed hanno la garanzia di non mettere a repentaglio la loro immagine. Tutto viene fatto con assoluta discrezione.
- Che bella cosa! Sembra quasi un surrogato della pozione del dottor Jekyll. Non c’è nessun effetto collaterale?
Adriana rise e non si scompose – Sarebbe bello. Ma gli effetti collaterali ci sono, eccome.
- Ah, mi pareva. E dimmi, dove sta l’intoppo?
- Beh, siamo pur sempre prostitute e a volte capita che qualcuno prenda strane iniziative.
- Che tipo di iniziativa?
Adriana riprese a soffiare sul fuoco.
Lo attizzava con maestria e lo alimentava, irrobustendolo nel suo vigore.
Posato l’attizzatoio, passò più volte la mano in mezzo alla fiamma.
Chiese – Ti piace scherzare col fuoco?
Lisa cadde dalle nuvole.
Voleva conoscere il seguito della storia e invece Adriana tergiversava con domande che sembravano fuori luogo.
- No – rispose con tono seccato – non mi piace scherzare col fuoco.
- Si vede. Basta guardarti e guardare la tua casa, i mobili, il tuo abbigliamento. Tutto qui dentro ha il sapore dell’equilibrio, dell’ordine. C’è molta serenità.
- Dovrei vergognarmene? – ribatté Lisa, non sapendo se sentirsi lusingata o compatita da quegli occhi che la scrutavano con attenzione.
Era a disagio e non riusciva a nasconderlo.
- No. Però, mi chiedo cosa si nasconda dietro un’ostentata serenità, se tutto è veramente come appare o è semplicemente una finzione.
- Una finzione? E perché mai dovrei fingere? Ora mi devo pure giustificare?
- Hai ragione, scusami, ma non ti stavo giudicando, né avevo intenzione di offenderti. Facevo solo una considerazione. Un confronto.
- Un confronto? Ma come ti viene in mente?
- Perché ti scaldi tanto? Temi di sporcarti?
Lisa la guardava con gli occhi sbarrati, incapace di rispondere.
- Il punto è che giudichiamo sempre in base alle apparenze e difficilmente riusciamo ad aspettare. Il nostro giudizio è come un tuono prima del lampo. Un’irregolarità che diventa legge.
Si guardarono con aria di sfida.
A Lisa sudavano le mani e cercava di asciugarle stringendo un cuscino.
Adriana riprese – Toglimi una curiosità: nel momento in cui sono entrata in casa tua, hai pensato che fossi una prostituta?
- No, affatto.
- Ah, ecco. E sentiamo, se invece lo avessi capito dall’inizio, non mi avresti permesso nemmeno di andare in bagno?
Presa in contropiede, Lisa abbassò lo sguardo. Cosa rispondere? Adriana aveva fatto centro.
Probabilmente non sarebbe stata così ospitale. Magari, non le avrebbe impedito di andare in bagno, ma avrebbe trovato una scusa per mandarla via. Di sicuro, non si sarebbe prodigata per trattenerla.
- Come inganna l’apparenza, eh? Dov’è finita la tua spontaneità iniziale? L’hai data in pasto al pregiudizio della moralista?
Lisa si accese di imbarazzo.
Era vero. L’aveva giudicata e classificata come una realtà da tenere lontana, con cui non aveva niente da spartire. E si era pentita di essere stata gentile.
- Capisco la tua apprensione, Lisa, e non ti biasimo. Ci sono abituata. Credimi, però: me ne sarei già andata, se non fosse necessario. In questo momento, ho assolutamente bisogno del tuo aiuto e posso assicurarti che non corri nessun pericolo.
- Ne sei proprio sicura?
- Sì, sono stata molto attenta. Nessuno mi ha vista scappare in questa direzione e quando ho visto la tua porta aperta…
- …sei entrata. Che fortuna!
Adriana capiva perfettamente le ragioni Lisa. Ma che cosa poteva fare?
- Non mandarmi via, ti prego. In questo momento non c’è nessun altro a cui posso chiedere aiuto.
- Davvero? Io invece credo che qualcuno ci sarebbe. Magari, potresti chiedere aiuto al notaio De Blasio. Credi che ti direbbe di no? – sbottò Lisa, con un sorrisetto dipinto di cattiveria.
Adriana la guardò stupita, finché finalmente riuscì a focalizzare il volto di Lisa.
L’aveva vista nello studio del notaio, seduta ad una scrivania, nell’ufficio delle segretarie.
Adesso capiva perché appena entrata in casa, la ragazza l’aveva accolta con tanta disponibilità, senza chiederle nulla, nemmeno il nome.
Doveva averla pensata un’amica del notaio o chissà, forse la sua donna.
Povera Lisa, che abbaglio aveva preso! Non solo riguardo a lei, quanto al notaio.
- Sei una delle segretarie di Giulio De Blasio, vero?
- Sì. Infatti è nel suo studio che ti ho vista, qualche tempo, fa e ho pensato che fossi la sua fidanzata, la sua donna o giù di lì.
- E perché hai pensato questo? Te l’ha detto lui?
- No. Il notaio non si permetterebbe mai di farci confidenze simili. L’abbiamo pensato noi impiegate, dato che il giorno in cui sei entrata nello studio pareva che De Blasio avesse avuto un’apparizione. Tutto qui.
Adriana rise.
- Sei fuori strada, mia cara. Il tuo notaio non è un mio cliente. Semmai, sono io ad essere una sua cliente, visto che cura le mie disposizioni di volontà.
D’improvviso, prese le mani di Lisa fra le sue.
La fissò implorante.
- Non importa cosa pensi di me, ma ti prego, non mandarmi via. Non te lo chiederei se non fossi sicura che non può accaderti nulla. Nessuno verrà a cercarmi qui.
Stranamente Lisa non si ritrasse.
Si lasciava accarezzare le mani immersa nei suoi occhi.
- Va bene, puoi rimanere quanto vuoi – rispose inaspettatamente.
Aveva accettato di ospitare Adriana impedendosi di pensare ad eventuali conseguenze.
Non sapeva perché avesse detto di sì. Sapeva soltanto di aver zittito quella vocina che le intimava prudenza.
Sua madre non avrebbe mai approvato quella scelta, non si sarebbe mai lasciata convincere da una prostituta. “Sei una Tiani, Elisabetta, non scordarlo mai”.
Le sembrava di vederla, sua madre, tutta altera e cotonata, col girocollo d’oro da mezzo chilo, le unghie laccate di rosso e il vestito firmato.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’aveva vista? Non se lo ricordava più, ma non gliene fregava niente.
Lontana da lei viveva serena. Si sentiva finalmente padrona della sua vita.
Aveva un lavoro, la sua casa lungo il fiume, i suoi studi. E ora?
Ora seduto accanto a lei c’era un imprevisto che avrebbe provato la sua capacità di fronteggiare la vita nella sua più sfacciata schiettezza.
Doveva contare solo su se stessa.
Per la prima volta, il problema era suo. Soltanto suo.
- Non ti ringrazierò mai a abbastanza – disse Adriana, distogliendola da quei pensieri – Cercherò di non essere un peso per te.

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