Ecuba, madre di tutte le madri, rivive in questo testo
teatrale di Clelia Lombardo con le “mille voci” di tutte le donne che vogliono
dire: Basta. Come non citare fra queste voci quelle delle madri di Plaza de
Majo o quella di Felicita Impastato o ancora quelle più recenti che chiedono giustizia per i giovani morti in
carcere in circostanze a dir poco misteriose. Ancora oggi, a distanza
millenaria dall’archetipo mitico di Ecuba, la donna si ritrova ad essere
personaggio nodale nel percorso dell’esistenza: come l’eroina di Troia ella
deve essere la regina che “governa” la famiglia
e allo stesso tempo la testimone di un “governo” ingiusto, feroce con i
più deboli e massacratorio.
L’Ecuba della Lombardo, dolente ma risoluta, non ci
sta alla sopraffazione, alla perdita del valore umano, al perpetuarsi di guerre
e di vittime. E’ una donna che ha vissuto l’esperienza della distruzione, è
sopravvissuta assieme ad altre donne alla devastazione ed è finita in uno
scantinato a differenziare per conto di sconosciuti sacchi di spazzatura. La
sua terra d’origine è stata invasa, espugnata, e loro, le donne, illuse per un
attimo di potere ritrovare un futuro in altri paesi, sono finite nella parte
malfatta della società. Nei suoi monologhi Ecuba rievoca tutto ciò che l’ha
condotta fin lì, e sono parole che scuotono, dolcezze del passato, speranze
sconfitte, pietà per la terra vittima anch’essa d’ogni stortura umana. Ma nella
sua consapevole condizione di emarginata ella è ancora capace di trovare il
coraggio della ribellione, che esercita non su se stessa ma sulla giovane
Elvira, un’altra esiliata condotta da lei per poi essere introdotta in un giro
di illegalità.
E’ Ecuba a salvarla, inducendola alla fuga, esercitando quel
ruolo di donna-madre in cui non è insito solo l’amore materno ma anche la
solidarietà, la sorellanza, la partecipazione emotiva e fattuale alla vita
degli altri. “Ecuba e le altre” è un testo di forte valenza simbolica, ogni
scena è un nucleo narrativo che accoglie vari significati: la denuncia della
condizione contemporanea al limite della distruzione, l’allarme per la
devastazione che si va compiendo ai danni della natura, l’indifferenza verso il
valore della pace nel mondo, la perdita della sovranità dell’essere umano e non
ultimo il grido di ribellione per dire ancora una volta: Fermiamoci.
Nessun commento:
Posta un commento